Il Comune, fra le competenze in materia di carcere si occupa della gestione dei servizi di accoglienza esterni e può stipulare accordi con le direzioni per progetti che consentano il lavoro socialmente utile all’esterno.
Marta Vincenzi ed Enrico Musso hanno dato la loro disponibilità a confrontarsi con la redazione: l’istituzione di un garante dei detenuti e maggiori occasioni di confronto sono alcune proposte avanzate.
E’ mai entrata/o in un carcere? Conosce le condizioni di vita all’interno?
Marta Vincenzi: Pur essendo entrata alcune volte nel carcere di Pontedecimo durante le mie precedenti esperienze amministrative in qualità di Presidente della Provincia non posso dire di conoscere a fondo la situazione delle carceri. Tuttavia una cosa me la ricordo bene: il tonfo dei cancelli che si chiudevano alle mie spalle dopo la mia prima visita al carcere. Quel rumore mi ha restituito l’idea di che cosa significhi perdere la libertà, non me lo dimenticherò mai, ce l’ho ancora in testa. Fermo restando che chi ha commesso un reato deve espiare la pena, penso che questo debba avvenire nel rispetto della sua dignità di persona. Credo che la privazione della libertà unita a situazioni di convivenza obbligata, spesso di sovraffollamento e talvolta (come nel caso degli stranieri) alla difficoltà o impossibilità di comunicazione sia una condizione penosissima, se non addirittura drammatica.
Enrico Musso: Sono entrato solo nel carcere di Genova (Marassi), e solo per traduzioni di detenuti quando facevo il servizio militare come Carabiniere Ausiliario, e successivamente come docente universitario, per fare sostenere esami a detenuti. Non conosco quindi le condizioni di vita all’interno.
Nell’ambito delle competenze assegnate al Comune per quanto riguarda il carcere, quali pensa potrebbero essere primi interventi utili?
MV: Sono convinta che il Sindaco debba farsi carico dei detenuti ospitati nelle carceri cittadine come di tutti gli altri cittadini. Sarò il Sindaco di tutti quindi, e ritengo sia importante che prosegua il lavoro sul tema della formazione e del reinserimento sociale ed occupazionale avviato in questi anni dal Comune in collaborazione con la Provincia di Genova. Proprio recentemente è stato firmato un protocollo tra Comune, Provincia e Amministrazione Penitenziaria che sigla questa significativa collaborazione. L’impegno in questo campo è a partire da chi è dietro le sbarre e poi dopo, quando queste persone saranno nuovamente libere. Non debbono essere abbandonati a se stessi. E’ un tema che riguarda tutti e il reinserimento sociale dei detenuti è questione prioritaria.
EM: In considerazione del fatto che le risorse economiche pubbliche non potranno mai garantire in toto la soddisfazione di ogni esigenza, anche per le problematiche connesse al “pianeta carcere”, mi pare anzitutto necessario che il Comune gestisca nel modo più efficiente possibile le risorse disponibili. Criterio principe dovrà essere quello della sussidiarietà orizzontale: da un lato il Comune dovrà limitare il proprio campo di intervento diretto a quei settori in cui non vi sia una sufficiente presenza del privato, dall’altro dovrà porsi come coordinatore degli interventi dei privati cui potranno delegarsi gli aspetti più pragmaticamente gestionali.
In termini più concreti la Civica Amministrazione può e deve porsi come oculato centro di coordinamento, promozione e pubblicizzazione degli interventi del volontariato per evitare inutili duplicazioni o peggio il mancato sfruttamento di alcune importanti risorse o lo spreco di preziose risorse.
L’“emergenza sicurezza” coinvolge anche chi esce dal carcere: ci si sente insicuri, magari non si ha una casa o una famiglia , i dormitori chiudono, i posti–mensa sono ridotti, l’assistenza socio-sanitaria difficile da raggiungere: Quali iniziative propone per garantire e/o potenziare strutture esterne in situazioni ordinarie o eccezionali come in occasione del recente indulto?
MV: Il tema del disagio, delle nuove povertà è una delle questioni su cui ritengo occorrerà avere la massima attenzione. Perché sempre più persone e sempre più famiglie sono pericolosamente vicine alla soglia di povertà anche a Genova. Occorrerà rafforzare tutte le strutture che sono impegnate nel difficile ambito del sostegno a chi è in difficoltà. Meno assistenzialismo e più welfare comunity, come dico spesso. Infine l’indulto, una situazione eccezionale che ha visto l’uscita dal carcere di molte persone, non ha colto impreparati gli Enti Locali del nostro territorio. Grazie alla preziosa collaborazione con le associazioni del volontariato Genova ha dato una risposta concreta. Certo si poteva fare di più e meglio ma so che non c’è stata una vera e propria emergenza come si è verificato in altre città.
EM: La recente vicenda dell’indulto, a parte ogni considerazione sulla situazione di emergenza provocata dalla scarsa avvedutezza del legislatore che ha posto i Comuni e i soggetti che operano nell’assistenza di fronte al fatto compiuto senza la previsione di interventi e risorse straordinarie, ha posto all’attenzione di tutti come il tema della sicurezza non possa prescindere dall’affrontare l’ancor più delicato tema del reinserimento dell’ex detenuto nella società.
Se, come detto, dal punto di vista dell’ordinaria amministrazione il Comune agirà secondo il principio di sussidiarietà, indirizzando i finanziamenti pubblici più verso interventi concreti che a favore di studi teorici, in un’ottica di lungo periodo lo stesso Comune dovrà porsi come soggetto promotore di un più generale ripensamento della politica di reintegrazione dell’ex detenuto nel tessuto sociale.
Ciò sarà possibile sia con il potenziamento delle occasioni di lavoro nell’ambito del carcere, sia, soprattutto, con l’incentivo della domanda di lavoro da parte delle imprese. Penso in particolare ad una più oculata gestione delle risorse previste dalla legge 266/97 per combattere il degrado di alcuni centri urbani tra cui Genova che, ove venga valorizzato con l’assegnazione di un punteggio superiore alle domande che prevedano l’assunzione di categorie svantaggiate come gli ex detenuti, potrebbero rivelarsi un punto di svolta nelle politiche di riabilitazione del condannato e, in ultima analisi, di maggior sicurezza per tutti i cittadini.
L’art. 21 (permessi di lavoro all’esterno) prevede anche un’utilizzazione dei detenuti da parte del Comune nel campo dei lavori socialmente utili. Pensa di avviare contatti con la Direzione della Casa circondariale per rendere più sistematica l’applicazione di questa possibilità?
MV: Credo senz’altro che rafforzeremo i rapporti e la collaborazione con le Direzioni delle Case Circondariali di Marassi e Pontedecimo per rendere continuativa l’esperienza dei lavori socialmente utili. Ritengo si tratti di una occasione importante per i detenuti ma anche per il nostro territorio e i cittadini genovesi. Nell’interesse di tutti.
EM: Le esigenze di riabilitazione del mondo carcerario e quelle manutentive del Comune sono perfettamente coniugabili con la sistematica utilizzazione delle possibilità concesse dall’art. 21 e in tale ottica logicamente mi rapporterò agli organi preposti per incentivarne l’applicazione.
Pare ovvio che il carcere oltre a momento di doverosa espiazione di una pena possa e debba diventare luogo in cui cominciare la riabilitazione del condannato soprattutto per quanto attiene all’aspetto lavorativo.D’altro lato penso sia sotto gli occhi di tutti come, anche eliminando gli sprechi e le inefficienze oggi presenti nella macchina comunale, le risorse sempre più scarse rischino di compromettere la fruizione di un patrimonio della collettività come gli spazi verdi, i litorali, le zone a monte..
In carcere c’è una scuola, frequentata da italiani e stranieri. Per questi ultimi alcuni diritti valgono solo fino a che sono carcerati: fermi restando i vincoli della legislazione nazionale, pensa sia possibile fare qualcosa per evitare che i numerosi stranieri, in maggioranza giovani, che dentro il carcere godono di diritti relativi allo studio e all’assistenza sanitaria, non vengano abbandonati a se stessi una volta usciti?
MV: Ovviamente i limiti dell’attuale legislazione in materia di immigrazione pongono vincoli insormontabili. Ritengo però che, tramite un accordo tra gli Enti Locali, si possa e si debba fare di più per garantire, ad esempio ai semiliberi, diritti fondamentali come l’istruzione, la formazione e l’assistenza sanitaria di base.
Penso poi che in questo ambito potrebbe avere molta importanza l’introduzione della figura del Garante dei diritti dei detenuti, esperienza già collaudata in alcune realtà del nostro Paese.
EM: Il problema non è certo di immediata soluzione, ma come Sindaco penso di impegnarmi nei confronti delle istituzioni competenti affinché gli intenti di integrazione da parte degli ex detenuti non vengano frustrati da quella che, in questi casi, somiglia più ad un abbandono che ad una liberazione.
Come pensa di promuovere e garantire forme di volontariato capaci di intervenire nell’ambito carcerario fornendo un servizio continuativo, di qualità, adeguato ai molteplici bisogni che qui si manifestano?
MV: So che sono molte le organizzazioni di volontariato impegnate in ambito penale. Una realtà preziosa della nostra città che integra il lavoro professionale della cooperazione sociale e delle organizzazioni no profit. A tutte queste andrà dato maggiore sostegno e ritengo che il Comune potrà essere il punto di sintesi e di coordinamento di questo importante lavoro.
EM: Attraverso un’oculata gestione dei finanziamenti che incentivi le realtà più utili al perseguimento dell’obiettivo principe di questo settore che dev’essere quello di offrire la possibilità di risocializzazione dell’ex detenuto.
Se servizi quali dormitori, centri di accoglienza, mense, etc (di competenza comunale) vengono dati in gestione al privato-sociale o ad associazioni di volontariato, come è possibile per il Comune verificarne la qualità, la funzionalità e la adeguata formazione del personale?
MV: Ritengo che l’esperienza della Consulta carcere città, che nel passato ha dato buoni frutti, vada aggiornata e rafforzata.
EM: Nella gestione dei finanziamenti e nella scelta dei soggetti cui avvalersi il Comune deve effettuare precisi e sistematici controlli, non soltanto formali, ma soprattutto di raggiungimento degli obiettivi. Il controllo sulla qualità del servizio reso è il necessario completamento di un principio generale che fa ricorso al privato e al volontariato.
La gestione del piazzale antistante il carcere è comunale: due ore prima di ogni partita di calcio gli agenti di polizia penitenziaria e il personale debbono uscire a spostare le loro auto. A volte vi sono auto abbandonate, e la rimozione non sempre avviene rapidamente. Sarebbe un simbolo del rispetto verso il loro lavoro ipotizzare una differente organizzazione: secondo Lei cosa è possibile fare?
MV: Sono convinta che il lavoro della Polizia Penitenziaria sia un lavoro difficile e particolare. Nel caso dei posteggi sul piazzale antistante il carcere in occasione delle partite mi adopererò perché, compatibilmente con le esigenze di sicurezza ed ordine pubblico, sia possibile trovare una soluzione soddisfacente.
EM: La gestione di quel piazzale è sì comunale, ma rimane molto spesso vincolata da esigenze di ordine pubblico. Questo, però, non significa che si possa continuare ad ignorare la posizione di quanti si trovino a sostare su detto piazzale per ragioni di servizio ed in special modo con quanti operino all’interno della Casa Circondariale.
Sarà dunque un mio impegno come Sindaco verificare la possibilità di soluzioni che, pur garantendo gli standard di ordine pubblico impostici, eliminino la discriminazione a danno di quanti operino all’interno della struttura carceraria.
Penso in particolare ad una modifica della disciplina della zsl che includa tra gli aventi diritto gli operatori della casa circondariale, magari anche individuando un’area appositamente riservata.
Al di là di leggi e regolamenti, cosa possiamo fare noi per voi, e cosa potete fare voi per noi?
MV: La cosa che tutti, noi e voi, possiamo fare è tenerci in contatto costante. Il carcere non deve essere un mondo a parte, è una parte della città e chi vi è detenuto è una persona, un cittadino, privato temporaneamente della libertà, ma con diritti e doveri come gli altri. Un rapporto tra il dentro e il fuori è fondamentale. Infatti spesso chi ha sbagliato è partito da pesanti condizioni di svantaggio, materiale e immateriale. Ritengo che progetti e interventi mirati a dare risposta ai grandi temi del lavoro e della inclusione sociale possano dare un contributo essenziale per evitare o diminuire fenomeni di disagio e di devianza.
EM: Credo che sia fondamentale mantenere un rapporto sistematico per far conoscere di volta in volta le esigenze che diventano più pressanti e i contributi che l’amministrazione potrebbe offrire alla soluzione dei problemi.
Invitiamo il futuro Sindaco di Genova a venirci a trovare, una volta insediato: sarebbe d’accordo con noi quando auspichiamo che incontri come questo possano assumere carattere periodico?
MV: Una delle prime cose che farò se diventerò Sindaco di Genova sarà venirvi ad incontrare e spero che sia l’inizio di un rapporto e di una collaborazione continuativa.
EM: Assolutamente d’accordo. Come Sindaco avrò particolarmente a cuore il tema della sicurezza dei cittadini e il confronto con quanti operino a vario titolo per il perseguimento di questo obiettivo sarà certamente prezioso.
Le interesserebbe far parte del Comitato dei Garanti del nostro giornale?
MV: Vi ringrazio della proposta. Questo giornale, un ponte tra il carcere e la realtà cittadina, è uno strumento prezioso di conoscenza reciproca, che come ho detto, ritengo indispensabile per molte ragioni. Vi do fin da ora la mia disponibilità a far parte del Comitato dei Garanti.
EM: Sono sicuramente interessato, anche per “istituzionalizzare” il rapporto ed avere così più e migliori occasioni di scambio di idee e di informazioni.
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